Omelia della Domenica dell’Ascensione del Signore

Fratelli e Sorelle carissimi, la lettura del brano degli Atti degli Apostoli ci conduce non solo alla verità dell’avvenimento dell’ascensione del Signore, ma anche ad immedesimarci in esso, a metterci dalla parte degli apostoli, che videro Gesù che si staccava da terra verso il cielo. Un fatto formidabile, arcano, pieno di onnipotenza, di trionfo, di sovranità su tutto. Cristo, davanti allo sguardo degli apostoli e della Madre, sale lentamente; è il Signore dell’universo, il Signore dei pianeti, delle forze dell’universo. Poi scompare allo sguardo degli apostoli per la presenza di una improvvisa nube. Quella nube riguarda anche noi; noi non possiamo accedere al mistero dell’incontro glorioso di Cristo con il Padre. Cristo, velato dalla nube, ascese poi in un battibaleno al cielo. Nessun occhio avrebbe potuto seguire la figura di Cristo che in un battibaleno salì al cielo dell’eterna luce; a quello che è oltre ogni scenografia stellare, oltre ogni luce siderale. L’universo, già avvilito dalla caducità del peccato di Adamo, fu pervaso da un tocco di vita, e divenne impaziente del giorno della sua liberazione quando, dopo essere stato dissolto (Cf. 2Pt 3,12), sarà trasformato dall’onnipotenza divina in forma nuova, quella gloriosa ed eterna, che non ci è dato di congetturare. Cristo che sale, è il vincitore che va verso la celebrazione del suo trionfo. E’ il vincitore che sale per essere posto dal Padre alla sua destra, quale Re dei re e Sovrano dei sovrani; quale Principe della storia, segnata per sempre dalla presenza della Chiesa di cui egli è il Salvatore, il Fondatore, lo Sposo, il Maestro, l’Amico, l’Animatore per mezzo della sua Parola e del suo Spirito. Gesù aveva detto ai discepoli (Gv 16,7): “E’ bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi”; e così Gesù salendo al cielo dà il via alla missione universale della Chiesa. Prima aveva inviato i discepoli al popolo d’Israele (Mt 10,5), nel disegno che Israele lo accogliesse, e diventasse il popolo della Nuova Alleanza, ma, dopo essere stato rifiutato dai capi di Israele, consegnato a Pilato con l’accusa di essere un ribelle a Cesare, condannato a morte, e, infine, liberato dalla tomba dalla potenza del Padre, inviò, nel dono dello Spirito Santo, la Chiesa, che aveva costituito, in tutto il mondo. “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra”, abbiamo ascoltato. La Chiesa è inviata nel mondo, per annunciare che i cieli sono stati aperti da Cristo. L’uomo tende sempre verso il cielo, ed è deformante per lui pensare che non vi sia un cielo. Deformante! E ci viene da domandare: “Ma che cosa anima un ateo? Lo vediamo impegnato, con dei progetti, dei desideri. Quale la sua speranza?”. Questa la conclusione: Tutto quello che è dovuto a Dio lo concentra su di sé e sulla materia. L’uomo carne, l’uomo materia ha un suo modo di intendere la vita. Capire, promuovere; questo segna il cammino “dell’uomo materia”. Ma l’uomo che nega di avere un’anima spirituale, immortale, percorre nel contempo un cammino di buio verso l’abisso. Il contrasto tra il vero essere dell’uomo e l’essere falso che il negatore si vuole dare è stridente. E’ uno stato di conflitto che il negatore cerca di superare attraverso la sopportazione, lanciandosi parimenti nella lotta contro tutto quello che rinfocola la consapevolezza del suo essere vero, profondo. Uomini che hanno oscurato il loro essere ad immagine e somiglianza di Dio, per ricrearsi secondo una loro immagine, sono idoli, falsi dei, da cui guardarsi (1Gv 5,21). Idoli che hanno un cuore, ma plasmato secondo l’immagine che si sono dati (Cf. Dn 4,13), e perciò un cuore feroce, che ha come guida: “la negazione” della Verità, che vorrebbe sopprimere in un modo o in un altro “la testimonianza” della Verità. Non per nulla nel libro dell’Apocalisse (11,10s) il mondo gioisce per avere eliminato “il tormento degli abitanti della terra”, cioè i due testimoni di Cristo, della Verità. Negare il cielo in nome della fedeltà alla terra, è l’impegno buio di tanti. Per essi credere nel cielo è essere fuori dalla storia, ma non è così, perché credere nel cielo è credere nel premio che verrà dato a chi ha operato positivamente nel tempo. Ma noi, fratelli e sorelle, non neghiamo il cielo: Cristo è salito al cielo e siede alla destra del Padre. E, nello stesso tempo, non neghiamo l’impegno sulla terra. I discepoli se ne stavano con il naso in su a guardare la nube che aveva sottratto loro la vista del Cristo. Nube posta sapientemente, poiché dice che l’uomo sulla terra non può avere l’accesso alla visione del mistero di Dio. Nube posta sapientemente per far ritornare lo sguardo dei discepoli verso la terra, mentre il cuore si elevava dalla terra perché acceso da carità ardente. Una voce seguì la nube: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”; perché state a guardarlo dal momento che avete ricevuto la missione di andare in tutto il mondo? L’aver visto Gesù salire al cielo non vi distolga dal pensare che un giorno ritornerà, poiché ritornerà “Allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Noi, fratelli e sorelle, non serviamo, non promuoviamo la negazione, ma viviamo, serviamo, promuoviamo il disegno del Padre, che è Cristo, e che corrisponde alle esigenze profonde del cuore dell’uomo e le supera poiché ci fa figli di Dio. Noi obbediamo pienamente all’Amore che ci ha detto, e ci dice continuamente: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. Certo fratelli, noi rispettiamo ogni persona, ma abbiamo a nausea il peccato e le negazioni della Verità. Certo rispettiamo, ma non seguiamo i falsi pastori (Gv 10,5). Certo rispettiamo, ma anche denunciamo l’errore, poiché questo è carità. Certo rispettiamo, ma non con un fare molle, privo di coraggio, che non scuote chi è nell’errore, e che non difende il fratello dalla seduzione dei seduttori della “negazione”. Un giorno, dopo il buon combattimento contro il male, saliremo al cielo, prima con l’anima, poi, alla fine del mondo, anche con il corpo. Quella nube non ci sarà più, perché vedremo Dio così come egli è (1Gv 3,2), e vedremo ciò che Dio ha operato in noi, nei nostri cuori. In cielo saremo simili a lui, di una somiglianza ben più alta di quella che ci fu data nell’atto della creazione (Gn 1,26), poiché la luce della gloria che ci permetterà di vedere Dio faccia a faccia (1Cor 13,12; 2Cor 3,18; Col 3,3), e così la visione diretta, immediata di lui ci renderà simili a lui.

Laudetur Iesus Christe. Semper Laudetur.

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